“Le storie non hanno geografia. Hanno anima”

“Le storie non hanno geografia. Hanno anima”

Nuova serie sul questo BLOG e sui social. GiC

Inizia oggi un racconto in tre parti, scritto da Gabriella Picerno psicologa, autrice pluripremiata e amica cara.

Io non ho messo penna né voce in queste righe, se non per accompagnarle con un’immagine e con il nostro logo.

Il racconto è suo, e parla da sé. Questa è la prima parte. Il bello ha da venire… o forse è già passato. A voi scoprirlo.

Il tempo senza tempo    I parte

di Gabriella Picerno

E poi sparisco, sì mi allontano, dovevamo sentirci e io non mi faccio vivo. Aspetto che sia sempre lei a cercarmi. Che brutto vizio, non sono riuscito a toglierlo neanche a 60 anni. Il fatto è che quando la vedo o ci parlo la gioia mi sale talmente in alto che ho paura di prendere la scossa elettrica. Eh sì con lei i brividi li ho avuti più volte. E più volte mi sono spaventato. Mi avvicino e poi casco nell’oblio e mi faccio un po’ schifo. Lei che è la gioia della vita, ed è stato già dura ammetterlo, invece di tenerla la lascio andare e mi tengo roba che dovrei buttar via, con tutto rispetto per mia moglie che mi ha dato un figlio. Ma non posso farci niente, qualche volta devo ammetterlo che sto in una strada sbagliata, lo devo fare per riprendere fiato per trovare quel filo di ossigeno che mi fa andare avanti.

Ma come vado avanti? A colpi di malessere e queste botte sono colpi bassi, ti pieghi e sembra che tu ci faccia l’abitudine invece ogni volta non sai se ce la farai a riprenderti. E guardi avanti, fai finta di vedere la speranza, che qualcosa cambi, invece è solo il tempo che passa e ti mette davanti una brutta realtà: “Dove sto andando?”

Non lo so dove vado, cerco di ammazzare i pensieri sulla mia infelicità che come erbe infestanti si cimentano nella mia testa, allora organizzo itinerari di viaggio con mia moglie e anche con gli amici.

Così mi galvanizzo, sento l’entusiasmo salire, ma poi mi ritrovo a pensare alla mia vita e tutto gira in modo strano, ma in fondo sono io che ho fatto la scelta sbagliata ma non lo ammetto.

Lei l’ho rincontrata un mese fa al supermercato. Erano anni che non ci vedevamo. Era intenta a scegliere degli yogurt. Quando l’ho vista, mi sono fermato un attimo per osservarla. La sua eleganza traspariva anche tra gli scaffali, con il suo pantalone a righe e la maglietta leggera aveva un’aria da ragazza che mi ha fatto sentire un livore allo stomaco. Per farmi notare ho sbattuto leggermente il mio cestino al suo carrello lei si è girata e mi ha sorriso. Una luce intensa ha attraversato i suoi occhi. Il suo “ciao” era carico di gioia. Il supermercato era pieno, di sabato pomeriggio, si sa, molti ne approfittano per riempire il frigo. Abbiamo parlato un’ora, ma ce ne siamo accorti dopo, ci spostavamo da un posto a un altro perché ci chiedevano “permesso” per accedere agli scaffali.

Chissà quanta gente ci ha visto.

E chi se ne frega.

Ma quel tempo non aveva tempo, mancava di dimensione reale e mi davano fastidio le persone che passavano vicino, mi riportavano alla realtà. Io mi sentivo leggero, senza peso come se vagassi nello spazio. Parlammo di noi del tempo vissuto insieme quasi 10 anni prima quando erano tutti prati fioriti. Io ricordo tutto, lei anche.

A volte mi sono chiesto se sia possibile dimenticare.

Mi sono sempre detto che il tempo attenua tutto e ho aspettato che questi ricordi granitici diventassero pietra sgretolata, ma ancora non vedo i frammenti, neanche uno piccolo e impercettibile.

Da quel giorno al supermercato si è riaperto in me qualcosa che avevo messo a tacere, sotto una coperta per non vedere né sentire ciò che bolliva dentro.

Il silenzio mi pesa e il silenzio di casa ancor di più. Eppure mi rassereno quando sono solo in casa, perché posso pensarla senza che debba distrarmi con le domande di mia moglie che mi riporta alla realtà che scaccerei con forza. ……….GiC

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