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04-09-2025
Hai mai avuto una storia da raccontare, ma non il coraggio di farlo?
Questa è una di quelle voci che attraversano il tempo, come il vento tra i Lecci che non ci sono più. Una confessione che nasce in una piazza, e muore in un ricordo. E tu, hai mai avuto una storia da raccontare?
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Agosto 1960 Avevo quattordici anni. L’età in cui si finisce la scuola media e si comincia a sognare. I miei genitori volevano che continuassi a studiare (avevano ragione, ma io avevo altro in mente). C’era Ginevra. “Non si chiamava davvero così, ma quel nome -Ginevra – suonava per me come una poesia”.
Ci guardavamo spesso, lei arrossiva, io tacevo.
Una sera d’agosto, nella piazza del paese, quella che allora era un’oasi di ombra e frescura, la vidi avvicinarsi. Era sola. Io pure.
Il cuore mi batteva come un tamburo impazzito. E quando fu davanti a me, dissi solo:
“Ciao Ginevra… ti vuoi mettere a far l’amore con me?”
Lei arrossì come una ciliegia e rispose:
“Ma che ti viene in mente ora.” Se ne andò.
E non la rividi più.
Agosto 2025
Sono di nuovo lì. Nella stessa piazza. Ma non è più la stessa. I Lecci sono morti, lasciati seccare da incuria e malcostume. La piazza, un tempo orgoglio del paese, oggi è un deserto di cemento e calore. Cammino da solo. E vedo una signora avvicinarsi.
È lei. Ginevra. Abbiamo entrambi chiome bianche, e il tempo ci ha scolpiti.
La saluto con dolcezza: “Ciao Ginevra, sono molti anni che non ci vediamo.
Come stai?
” Lei mi guarda, confusa. “Scusi… ma lei chi è?”
Questo racconto è stato pubblicato nella sua forma originale, come da volontà dell’autore.
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